• Titolo: I viaggi di GulliverI Viaggi di Gulliver
  • Autore: Jonathan Swift
  • Editore: Garzanti
  • Genere letterario: Narrativa classica
  • Pagine: XXI-282
  • Lingua: Italiano
  • Anno di pubblicazione: 2002
  • Formato: Tascabile
  • ISBN: 9788811361046
  • Listino: 9,00 €

È davvero un libro per bambini?

Da sempre, soprattutto in Italia, Gulliver’s Travels è considerato un libricino adatto per i più piccoli, un romanzo fantasioso ed innocuo. Ma è davvero così?

Nelle varie traduzioni italiane succedutesi nel tempo, il testo è stato sottoposto ad ampi tagli tanto che da un consistente volume si è giunti ad uno smilzo libretto in cui l’ultima parte del testo originale era stata addirittura del tutto soppressa.

Nelle sue prime fasi di stesura il testo era stato concepito per essere una parodia dei numerosi diari di viaggi che pullulavano nell’Inghilterra del ‘700, un’epoca di grandi scoperte ed esplorazioni. Ma Gulliver non è solo questo, è tanto altro. Dunque, non solo descrizione di luoghi ed eventi fantastici e meravigliosi ma anche narrazione di avventure, costumi e paesi sconosciuti all’immaginario popolare che attiravano l’attenzione di quegli stessi autori di diari di bordo che avevano bisogno di allietare le loro dure e lunghe giornate con letture semplici e d’impatto.

La straordinarietà di Swift consiste nell’aver esteso la satira e l’allegoria ad un campo più ampio, coinvolgendo così tutta la vita pubblica inglese, compresi i personaggi politici e storici più rilevanti.

Siete ancora convinti che si tratti di una “favola” per bambini? Se iniziate a dubitare di ciò, siete sulla strada giusta. Seguitemi!




Conosciamo l’autore: un sarcastico irlandese

È la terra d’Irlanda ad aver dato i natali a questo grande autore. Nasce a Dublino il 30 Novembre del 1667. La sua infanzia non è delle più semplici. Dopo essere stato affidato ad una balia, all’età di quattordici anni entra in collegio e più tardi, grazie alla beneficenza di un suo zio, può frequentare l’università. 

Non brilla certo per il suo talento, anzi gli insegnanti fanno fatica a promuoverlo, animo inquieto e chiassoso.

La sua indole riservata lo porta ad avvicinarsi sempre più all’ambiente politico dell’epoca tanto che, poco più che ventenne, diventa segretario del ministro sir Guglielmo Temple.

Questa mansione gli permette di condurre una vita tranquilla in cambio di un sufficiente lavoro e con il vantaggio di essere sempre a contatto con ambienti politicamente influenti e di restare sotto l’egida di sir Temple, il quale gli fornisce importanti insegnamenti.

A Londra, città nella quale era giunto, imperversano tumulti; Swift sceglie la via dell’isolamento, lontano dalla grande urbe: viene ordinato prete e occupa il posto di decano in una curia irlandese. 

Ma ancora una volta Londra fa sentire tutto il suo fascino ed attira Swift proprio agli esordi del 1700, nel momento in cui in città imperversa la dura lotta tra i whings e i tories

Il nostro autore sente di avere la stoffa del politico, si getta a capofitto negli eventi, spera di poter emergere come grande uomo politico. Eppure non riesce a diventarlo. 

Ritorna in Irlanda dove la sua grande anima angosciata si spegnerà nel 1745 a seguito di un presunto ebetismo e di un tumore ad un occhio. 

La sua grande figura aleggia assieme a quell’infelicità che ha accompagnato la sua umiliata adolescenza, la sua irrequieta maturità e la sua vecchiaia triste e isolata. 

Viene ricordato come un profeta dell’epoca moderna. Cerchiamo di capire insieme il perchè. Approfondiamo. 

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Ambientazione storica: il ‘700 epoca di grandi rivoluzioni e scoperte

L’Inghilterra del 1700 è una grande fucina di invenzioni e scoperte. L’inizio del secolo vede la patria inglese divenire una delle più importanti dominatrici dei mari europei. 

L’espansione coloniale e la creazione del nuovo stato monarchico costituzionale faranno il resto. 

Ricordata come l’epoca dei grandi ministri, questa vede i nuovi sovrani assumere un atteggiamento espansionistico più cauto, tanto da convincerli a concentrare la loro sete di dominio oltre i soliti confini.

Così quelle violenze che erano state perpetrate sul suolo inglese e che il popolo non sopportava più, adesso venivano riversate sulla popolazione degli indiani d’America, sugli abitanti della Papuasia e sugli innocui Bengalesi.

Questa situazione storico-politica ha inevitabilmente condizionato Swift che l’ha fatta propria. Infatti il riferimento a tale situazione è ravvisabile, in maniera indiretta, all’interno del testo de I Viaggi di Gulliver

Ma in che modo? E come fa Swift a parlare ai moderni, a fornire insegnamenti e critiche al genere umano? Vediamolo nei prossimi paragrafi.

Gulliver: un gigante dalle mille risorse 

Gulliver è l’eroe moderno per eccellenza. Accomunato alla figura dell’Ulisse classico, se ne discosta per la forte cifra di pessimismo che domina il protagonista.

Ma, procediamo per gradi.

Gulliver, come Ulisse, è una specie di naufrago, lontano dalla propria patria, ostacolato da un destino nascosto e più grande di lui, costretto a viaggiare per mondi lontani spinto da quella che può definirsi una ricerca.

Ed ecco che proprio in questo risiede la cifra di diversità tra i due personaggi. Il fato del nostro eroe è più maligno, perverso, poiché ciò che lui ricerca non lo troverà mai. 

Il personaggio di Gulliver è intriso di un forte pessimismo che nell’eroe greco, invece, era solo passeggero. 

Non troverà mai, in qualunque luogo della terra, quella perfezione morale tanta conosciuta e perseguita nella terra degli houyhnhnms. D’allora in poi Gulliver non sarà più lo stesso.

Il suo vagabondare non avrà un lieto fine, la sua storia sarà il trionfo della stupidità umana, della ingordigia politica, della bassezza umana a livello morale. E nella sua accusa sono coinvolti tutti, nessuno escluso.

Lo stesso ritorno a Redriff segna per Gulliver una sconfitta umana, al contrario di quella di Ulisse, il quale giunto a Itaca ritrovò sua moglie e il suo regno pronti ad attenderlo. 

Quella stessa società così tanto osteggiata, criticata e satireggiata, lo riafferra con forza, lo riconduce nel vortice delle relazioni umane che di umano non hanno davvero nulla.

È la parabola discendente di Swift stesso. Anch’egli infatti ha vissuto una vita ricca di drammi, avventure, ha assistito ad eventi importanti per la storia britannica e termina il suo viaggio in solitudine. Invecchia lontano dal mondo, come il suo eroe ma ancora troppo vicino al genere umano, quel genere umano responsabile di tanti atti negativi e incapace di redimersi. 

Per Gulliver però c’è ancora speranza: attraverso la pubblicazione del testo ritrovato quasi per caso, vi è la possibilità che gli uomini, dopo aver ascoltato le avventure dello sconosciuto Gulliver, possano migliorare. Per Swift non c’è soluzione positiva. Il genere umano non è in grado di compiere questo miracolo. 

Questa nota dolente assegna alla figura di Swift quel pessimismo che nella vita reale lo aveva contraddistinto in ogni ambito della sua esperienza.

Gulliver, il gigante buono, ha nello stesso suo nome una nota che ci lascia perplessi sin da subito. Infatti, in inglese il verbo to gall vuol dire mentire, ingannare. Eppure egli dichiara di non mentire agli uomini, nè a se stesso, persegue l’obiettivo di dire sempre la verità. E allora c’è da fidarsi di questo personaggio?

Tutta la storia poggia su basi davvero deboli. Ma Swift è talmente bravo che riesce a farci credere VERA la storia di un “mentitore” per eccellenza. Ne veniamo travolti, durante la narrazione non ci chiediamo più se ciò che è davanti ai nostri occhi sia vero o falso. 




La trama: un viaggio in mondi insoliti

Gulliver, chirurgo di marina, narra nella sua autobiografia di essere stato vittima di un naufragio e di essere approdato sulle sponde di quella che poi apprenderemo essere Lilliput. Questa cittadina è simile a Blefuscu per un particolare molto interessante: i cittadini sono tutti uomini piccoli, esseri minuscoli, alti cinque o sei pollici. 

Gulliver appare un vigoroso gigante. Ma è tutta una questione di ottica.

La situazione, infatti, si ribalta a Brobdingnag dove lo sventurato è preda dei giganti, prigioniero e vittima dei loro voleri. 

Si tratta di una situazione speculare a quella presentata nel primo viaggio. Nella prima parte, infatti, ritroviamo l’esaltazione della potenza e forza umana, nella seconda la sua degradazione. 

Ancora una volta Swift ci lascia a bocca aperta. Nel giro di due soli capitoli ci ha già fornito la chiave di volta di tutto romanzo. Dal contrasto dei due mondi scaturisce un insegnamento importante: nel mondo tutto è relativo, è una questione di ottiche diverse. 

Parliamo di un romanzo settecentesco ma quanto vale ancora questa morale al giorno d’oggi? Molte volte si ha la presunzione di sapere e di essere nel giusto. Ma se solo riuscissimo a vedere le cose in modo diverso, se solo riuscissimo a guardare il mondo da un’altra angolazione forse usciremmo dai nostri schemi mentali. Tutto questo ce lo insegnava Swift già nel ‘700!

Nella terza parte del libro, vittima della satira è la vita civile ed intellettuale dell’isola volante di Laputa. Per Gulliver/Swift credere in un avvenire migliore grazie alle scienze e alle tecnologie è una chimera. Ancora una volta il pessimismo dell’autore non fa sconti proprio per nessuno!

Se la giusta morale e la perfezione è impossibile da trovare nei succitati mondi, allora forse un sospiro di sollievo lo si può tirare nella quarta ed ultima parte del libro, nel territorio degli houyhnhnms. Popolazione di cavalli liberi e selvaggi che vivono beatamente seguendo i principi etici e morali. 

In fondo, dobbiamo pur ricordare che il ‘700 è l’epoca di Rousseau e del suo mito della natura e dell’uomo primitivo. Swift guarda proprio in questa direzione. Riprende le idee del grande filosofo e le fa proprie. 

Gulliver rimane scosso da quest’ultima esperienza e tornato in patria pubblicherà la sua autobiografia per ammonire e far sì che queste esperienze siano d’esempio per tanti uomini, i quali attraverso la lettura possono diventare più buoni e ragionevoli.

Le fonti greche dei Gulliver’s Travels: Omero, Plutarco e Senofonte

Odisseo/Gulliver

Swift ha alle sue spalle l’ombra dei giganti e ha imparato che per far conoscere la propria storia al pubblico, l’essenziale è che questa sia piacevole. Non importa se fondata su elementi storicamente veri, ciò che importa è che la sua storia sia volutamente credibile. 

Lo ha imparato da Tucidide ed Erodoto: la Storia non è sinonimo di verità. Il compito dello storico è di dire il vero ma nella forma più plausibile. Ed è per questo che Swift, propenso a dire il vero, sceglie di narrarci la sua verità attraverso mondi fantastici, uomini minuscoli e avventure strampalate.

Lo sguardo di Swift dapprima si rivolge ad Omero. I parallelismi tra Gulliver ed Ulisse sono molteplici, in prima istanza il vagabondare, già citato, e la cifra di curiosità insita nei due personaggi. Gulliver, però, non è un eroe omerico a tutti gli effetti, manca di eroismo puro, d’altronde l’ambientazione e la cultura settecentesca divergono molto da quella classica, per cui si richiede un atteggiamento diverso nei confronti degli eventi. Gulliver ritorna in patria, nell’Inghilterra settecentesca, con una sconfitta. Ciò che è mutato è lo stesso atteggiamento dei personaggi, non siamo più davanti ad una amorevole Penelope e a una seducente Calipso. La nuova società impone razionalità.

Anche nella struttura narrativa vi sono similitudini. Omero narra e fa raccontare in prima persona, Swift segue le sue orme.

Parallelismo evidente e quasi scontato da sottolineare è quello tra Gulliver ed il gigante Polifemo. Entrambi resi innocui da una dolce bevanda, il vino, fornita per il primo dai lillipuziani e per il secondo da Odisseo stesso. 

L’eroe di Swift affronta, anch’egli come Odisseo, l’incontro con le grandi anime dei personaggi del passato. La differenza sostanziale risiede, però, nell’approccio con i defunti. Odisseo porrà domande ad Achille, il quale a sua volta chiederà all’eroe del mondo dei vivi. Questa doppia comunicazione manca in Gulliver. Egli pone le sue domande ma nessuno è interessato ad ascoltare la sua “verità” sul mondo. Oltretutto, se in Omero vi è la discesa agli inferi, dobbiamo ricordare che Gulliver non la compie mai, il suo incontro avviene esattamente sulla terra.

I Moralia di Plutarco

Plutarco ne Le virtù degli animali riprende l’episodio, già presente in Omero,  della maga Circe che ha trasformato i compagni di Odisseo in maiali. Nel testo vediamo quest’ultimo chiedere alla dea di far ritornare i suoi compagni alle sembianze umane. Ciò che sorprende è il rifiuto di uno di loro, Gryllos. Egli respinge la proposta, preferisce restare un maiale anziché condividere la vita con gli esseri umani. 

È la prima volta che un animale di così basso rango, come il maiale, venga innalzato a protagonista di una vicenda. In Esopo, infatti, mai un essere così era stato dotato di parola. Quindi possiamo affermare che Plutarco rovescia in un certo qual modo la favola tradizionale.

Molto probabilmente Swift possedeva proprio un’edizione dei Moralia del 1624 ed è da questo episodio che, dalla sua penna letteraria, scaturisce la figura degli houyhnhnm. Anche Gulliver, come Odisseo con Gryllos, resta sconcertato nell’ascoltare le sagge parole dei cavalli, dotati di così tanta ragione. Insomma la similitudine tra il personaggio classico ed i cavalli è alquanto evidente.

L’Anabasi di Senofonte

L’Anabasi, che in greco significa marcia verso l’interno, narra della spedizione di Ciro contro suo fratello Artaserse. L’intero testo è scritto sotto forma di racconto giornalistico, quindi tutti gli eventi hanno un’ottica interna accompagnata da un’interpretazione soggettiva, tipica di chi narra cose personalmente vissute. L’obiettivo è rendere il resoconto veritiero, per questo abbonda di dettagli. Notate qualche somiglianza con il nostro testo in questione? Ebbene sì, anche questa volta Swift riprende e reinterpreta insegnamenti del passato.

L’espediente dello pseudonimo, utilizzato anche da Swift, viene impiegato dapprima da Senofonte. Firma l’opera come Temistogene Siracusano per cercare di camuffare il suo pieno coinvolgimento nella vicenda narrata. 

Swift si firmerà come Richard Sympson, cugino di Gulliver. Geniale ma non innovativo!

Così come la tecnica narrativa. In entrambi i testi, i viaggiatori visitano mondi sconosciuti e strani, abitati da popolazioni nuove, la cui parola, per la narrazione dei costumi, viene affidata proprio ad uno di loro. Assistiamo quindi al racconto delle usanze autoctone da parte di un altro interlocutore, diverso dal nostro solito protagonista. 




Conclusioni

Se siete giunti fin qui con me, vuol dire che forse ho fatto un bel lavoro. Sono certa che sarete ormai lontani dal credere ancora che I Viaggi di Gulliver siano una storiella per bambini. 

Swift ci insegna che il rapporto con la Storia è importante, essenziale. Lo sguardo al passato serve per forgiare il presente. Il viaggio a ritroso ci permette di recuperare tanti di quei temi classici dimenticati e messi da parte ma che possono essere ancora ripresi e riproposti sotto una chiave differente. 

Il sarcastico irlandese Swift si rifà ad Omero, Senofonte ma anche a Luciano ed Apuleio. 

Diversamente da questi grandi del passato, Swift crea un testo dal quale vien fuori tutto il rifiuto netto per la razza umana. La sua impossibile redenzione, il rifiuto ad un ritorno allo stato di natura, sono segnali evidenti della consapevolezza raggiunta dall’autore: la critica, cioè, nei confronti di tutto il genere umano, non solo dell’uomo a lui contemporaneo. I tempi sono mutati, gli uomini sono diversi. 

Dunque, non lasciatevi ingannare mai dalle apparenze, approfondite, indagate, scendete negli abissi letterari perché questi contengono elementi straordinari! Non vi accontentate sempre e solo di storielle “leggere”. Staccate la spina dal mondo reale ma, ogni tanto, fatelo anche aggiungendo sapere valido a quello che già possedete. 

 

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